17/09/2022: il debutto di Iperdurum ad Altamura

Il progetto di ricerca Iperdurum punta a innovazioni varietali, agronomiche e tecnologiche. La cerealicoltura ha tanti problemi, primo tra tutti, il cambiamento del clima. Quindi la sfida è produrre di più e con una qualità più alta”. Così Agata Gadaleta, docente di Genetica agraria e coordinatrice del nuovo corso di studi in Tecniche dell’agricoltura sostenibile presso l’università di Bari, ha esordito durante la serata di debutto del progetto Iperdurum organizzata ad Altamura nell’ambito della tre giorni “Murgia a Morsi”. Agata Gadaleta, referente scientifico e coordinatrice del progetto Iperdurum (finanziato dalla regione Puglia) ha illustrato i risultati raggiunti grazie alla collaborazione degli undici partner del team dopo quasi due anni di ricerca, sperimentazione e workshop tematici.  Fuori dalle mura del Monastero del Soccorso, luogo in cui si è tenuto l’incontro, c’era tutta la bellezza e la concretezza di ciò che la ricercatrice illustrava: un lungo e ricco banco di pane e pasta prodotti con questo “nuovo grano”.

Qual è stato il nostro obiettivo? Cercare di ottenere delle varietà di frumento duro che si potessero ben adattare alle condizioni climatiche della nostra terra – ha spiegato la ricercatrice – e che resistessero, per esempio, ai lunghi periodi di siccità”.  Iperdurum, infatti, è un nuovo grano che in realtà cosi nuovo non è. Infatti, viene da grani molto antichi e già coltivati sul territorio pugliese. Le varietà di frumento che hanno generato il grano Iperdurum (Saragolla, Antalis, Maciste, Iris, Marco Aurelio) sono molto conosciute e hanno già dato grande prova di resistenza e di qualità nel Tempo. E ciò che ha sottolineato più volte Agata Gadaleta: “abbiamo cercato di identificare varietà con un alto tenore proteico – e ricordiamo che le proteine costituiscono un valore importante per determinarne la qualità durante il processo di trasformazione – e abbiamo ottenuto dei genotipi con un tenore proteico del 16 – 17% considerando che la media è intorno al 12-13%”.

Nel disciplinare – ha continuato- abbiamo fatto molta attenzione alla concimazione, perché ogni varietà ha un particolare genotipo capace di assorbire le concimazioni in maniera più o meno efficiente. Lo scopo della ricerca è stato quello di identificare queste varietà che con un basso livello di concimazione potessero rendere di più e dai quali sarebbe stato possibile ricavare prodotti di qualità e ad alto valore proteico”. E così è stato. Il pane e la pasta prodotti dal panificio Biscò e dal pastificio Prencipe, partners del progetto, sono prodotti monovarietali ottenuti, cioè, da ogni singola varietà così da poterne apprezzare le qualità in modo ben distinto. E la qualità di questi prodotti ha riscosso un largo consenso tra i consumatori che hanno avuto non solo la possibilità di assaggiare il pane durante la degustazione ma di portarlo a casa.

Ma non ci siamo fermati solo a questo – conclude Agata Gadaleta – nel partenariato abbiamo anche una spin off del Politecnico di Bari, Innovative Solutions, che ci ha aiutato nella tracciabilità. Per proteggere le nostre produzioni sono state sviluppati diversi metodi che permettono di tracciare l’intero percorso: dalla semina al prodotto finale (pane, pasta….) e viceversa”.

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