Il grano, e in modo particolare il Triticum durum, una qualità che si distingue per la sua forma più allungata e per la camicia (cariosside) meno friabile rispetto al grano tenero, ha sempre caratterizzato i granai pugliesi sin dall’età medievale. E ancora oggi, più del 60% della produzione del grano duro è concentrata nelle province di Bari e Foggia, precisamente, nelle zone agrarie del Tavoliere, nella pianura della Capitanata meridionale e nella Fossa premurgiana.
I dati diffusi lo scorso anno dal rapporto del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA), confermano il primato della cerealicoltura in Puglia dove occupa il 29% delle terre coltivate. La produzione di cereali ammonta a 1.108,2 tonnellate per un valore di 324.948.000 euro e la più consistente è quella del grano duro (948,3 tonnellate). La specie del Triticum durum, che ha le sue origini in Etiopia, e che oggi si coltiva maggiormente nei Paesi mediterranei, nel Nord America, in Argentina e nell’Europa orientale, è da sempre il prodotto della natura e della cultura, il simbolo dell’evoluzione e della sopravvivenza.
Una delle specie di Triticum più conosciute, per esempio, è il Senatore Cappelli, un seme ibrido molto diffuso in Puglia, in Basilicata e in Sardegna. Si chiama così, perché prende il nome da Raffaele Cappelli, parlamentare del Regno d’Italia, il quale incaricò l’agronomo genetista Nazareno Strampelli di eseguire ricerche sul grano al fine di promuovere sementi di origine italiana proprio negli anni della cosiddetta “svolta autarchica” voluta da Mussolini. Ma la varietà migliore proveniva dalla Tunisia e così fu necessario nascondere la verità su questo seme dietro il nome dell’omonimo senatore. Il seme puro italiano, era invece un grano tenero, che Strampelli chiamò Littorio più conosciuto come Libero.
Il grano Senatore Cappelli nel periodo fascista ricopriva il 60% delle terre a grano duro ed è stato coltivato quasi ininterrottamente fino ai giorni nostri. Questo seme ha contribuito non solo alla crescita della cerealicoltura ma anche al miglioramento genetico del grano duro. La varietà del Capeiti 8, per esempio, ottenuta nel 1940 dall’incrocio del Senatore Cappelli con l’ Eiti 6 è la più diffusa nel territorio di Altamura e viene impiegata ancora oggi per il pane di Matera IGP. Invece, le varietà Appulo, Duilio, Simeto e Arcangelo sono quelle previste nel disciplinare del pane di Altamura DOP. Ci sono tantissime altre varietà in uso nel sud dell’Italia come l’Iride, il Claudio, il Levante, l’Orobel, il Quadrato, il Core, il San Carlo, il Ramirez e il Marco Aurelio; il nostro Paese era e rimane la terra con il più alto numero di varietà di grani antichi .
I grani antichi sono i più autentici e i più genuini, più leggeri e più digeribili e sono i garanti della biodiversità, ma rischiano di scomparire a causa della loro bassa resa e, soprattutto, a causa dei costi di produzione più elevati. Il progetto “Iperdurum” ha proprio l’obiettivo di sperimentare e introdurre una nuova varietà di grano duro in alcune aree della Puglia già coltivate a frumento. Ecco, un “super grano” che sia più resistente alle micotossine (grazie anche all’impiego di tecniche agronomiche razionali e più sostenibili dal punto di vista economico e ambientale), contenga una maggiore quantità di proteine, aiuti a concimare in maniera più razionale i terreni e abbia valori nutrizionali superiori. Iperdurum, grazie anche alla sperimentazione di nuovi metodi di tracciabilità nella filiera cerealicola basate sulle analisi biochimiche e molecolari delle proteine supportate dalla creazione di un’impronta digitale della varietà, potrebbe essere
il “nuovo grano duro” da impiegare nella panificazione di pani regionali DOP o IGP e nella produzione di paste dietetiche iperproteiche.
“Le molte specie e qualità dei cereali – scriveva Predrag Matvejević in “Pane nostro”- stimolarono il senso della diversità, della virtù, probabilmente anche della gerarchia”.