Il Progetto BIOSPHERE su “Soft Secrets Italia”: intervista al prof. Vito Gallo

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Su Soft Secrets Italia, dal 1985 fonte di informazioni sulla cannabis per i coltivatori e gli utenti di tutto il mondo, si parla di BIOSPHERE (Bio-integrated spirulina hemp remediation), il nostro ultimo progetto realizzato con ApuliaKundi ed EnjoyFarm. Il lavoro è nato con un obiettivo dichiarato, quello di “verificare prima e validare scientificamente poi, l’utilizzo di un mix integrato di cannabis ed alghe per potenziare il processo di fitodepurazione in presenza di metalli pesanti”.
Durata 22 mesi e cofinanziata dalla Regione Puglia, la ricerca è stata realizzata grazie al partenariato di tre realtà pugliesi, ApuliaKundi, start up nell’ambito delle microalghe, Innovative Solutions, spin off del Politecnico di Bari ed Enjoy Farm, cooperativa specializzata nella diffusione della Green economy. Per approfondire le potenzialità di questo esperimento,  la rivista ha intervistato Vito Gallo, Professore di Chimica presso il Politecnico di Bari e coordinatore del progetto BIO SPHERE.
Questa l’intera intervista: 
Professor Gallo, la canapa può rappresentare uno strumento importante nelle operazioni di bonifica? Quale è stata la vostra idea di partenza?

La nostra idea è stata quella di trasformare un elemento inquinante da agente negativo ad agente positivo. Per ottenere questo risultato sfruttiamo la fitodepurazione per trasformare gli elementi inquinanti, i metalli pesanti, e convertirli in nutrienti per essere assimilati dalle piante, in questo caso dalla canapa. Nelle bonifiche di questo tipo, la canapa potrebbe diventare una tecnologia alternativa o comunque di integrazione e supporto a quelle già utilizzate anche perché, molto spesso, bonificare non significa azzerare del tutto il danno ambientale, ma spostarlo, diluirlo. La canapa, nello specifico, assorbe i metalli in una certa quantità, ma ovviamente non purifica il terreno in un unico singolo ciclo di vita. Per bonificare effettivamente un terreno i cicli vegetativi dovrebbero essere per lo meno 3 o 4.

Concretamente come sono state condotte le ricerche?

La fase operativa si è articolata in una prima fase di semina indoor della canapa, seguita dalla fase d’inquinamento controllato dei terreni e delle acque di irrigazione. Poi la successiva coltivazione della canapa ed, infine, la raccolta a fine ciclo seguita dalle analisi di laboratorio.

Quale cultivar di cannnabis e quale tipo di terreno avete scelto per questo esperimento?

Abbiamo deciso di selezionare la Compolti perché riconosciuta fra le cultivar ipersequestranti. Per quel che riguarda il terreno, ricordiamo che i terreni possono essere acidi o alcalini ed in base al loro pH l’assorbimento dei metalli può essere favorito o al contrario ostacolato. Nel caso della nostra ricerca il terreno adottato, visto che sappiamo che questa pianta assorbe bene a pH alcalini, è stato di tipo acido. L’idea era di mettere la canapa in una condizione volutamente sfavorevole.

In base a quali parametri è stata gestita la fase di  inquinamento controllato?

Tale fase si è svolta precedentemente alla parte operativa e con la costruzione del partenariato con Arpa Puglia e Acquedotto Pugliese. Tali partner sono stati fondamentali nel fornire indicazioni tecniche sulla concentrazione di inquinanti nelle matrici oggetto della ricerca. Gli inquinanti in questione erano metalli pesanti quali cadmio, piombo, zinco, cromo, rame, nichel. Per quel che riguarda l’inquinamento controllato, per simulare due situazioni reali, quella di un terreno già inquinato e quella di un terreno incontaminato dove però vengono dispersi successivamente fanghi contaminati, abbiamo operato in due modi: uno, inquinando oltre i limiti consentiti dalla legge, prima ancora della piantumazione della canapa e l’altro innaffiando le piante con acqua contaminata in un terreno, fino a quel momento, ancora sano.

Quali risultati sono stati raggiunti dal punto di vista fitodepurativo?

In termini di produzione di biomassa, il mix algale, grazie alle qualità chelanti della spirulina, ha certamente favorito la crescita della canapa nei substrati inquinati, data proprio la capacità delle alghe di rafforzare le piante. Abbiamo notato che si sviluppa una cooperazione sinergica fra mix algale e metalli inquinanti. Paradossalmente, come volevamo dimostrare con la nostra idea di partenza, il metallo diventa a suo volta un nutriente per la pianta.

In che senso?

Escludendo per un momento la spirulina e facendo un confronto fra la pianta fatta crescere su terreno incontaminato e la pianta coltivata in quello contaminato, nel secondo caso la pianta cresce meglio. Questa per noi non è una novità, perché sappiamo che tanti metalli favoriscono alcuni meccanismi di crescita e di scambio dell’ossigeno e si comportano da veri e propri catalizzatori, favorendo lo sviluppo della pianta. Aggiungendo come abbiamo fatto noi, anche la spirulina le piante diventano ancora più vigorose. La capacità fitodepurativa comunque è risultata differenziata in base ai metalli presenti. In particolare, la sperimentazione ha dimostrato che la presenza di alghe ha giocato un ruolo positivo nel favorire l’assorbimento di cadmio, nichel e zinco. Per quel che riguarda il piombo, invece, la spirulina sembra agire come inibitrice all’assorbimento. Anche se dal punto di vista chimico ce lo dovevano aspettare, perché un metallo non è uguale a l’altro, la sfida rimane capire per quale ragione alcuni metalli vengano assorbiti preferenzialmente al contrario di altri.

Avete pensato al problema di smaltire la canapa utilizzata in questi tipi di progetti?

Dai risultati delle analisi dei metalli presenti nei fusti e nelle foglie delle piante utilizzate, è emerso che potrebbero esserci le condizioni per un successivo impiego della biomassa. In particolare,  all’interno dei tessuti, se si valuta la concentrazione dei metalli rispetto alla quantità di materiale vegetale, il contenuto è risultato sotto i limiti di legge e questo perché la presenza di metallo si diluisce venendo disperso all’interno dell’intera pianta. Come conseguenza, con tale condizione, la canapa potrebbe essere utilizzata al fine di produrre energia oppure con finalità edili e, ad esempio, per produrre mattoni o pannelli isolanti. Considerati questi risultati, il problema dello smaltimento della canapa, utilizzata a scopi fitodepurativi, al momento non si pone. Potrà essere affrontato successivamente in una seconda fase progettuale. Infatti, sulla base dei risultati interessanti emersi da questo progetto, sarà possibile passare alla fase successiva di sperimentazione in campo su siti inquinati di interesse regionale.

Credete che tali progetti e le competenze che ne derivano possano essere sfruttare per sanificare il territorio intorno all’ILVA?

I risultati di questo progetto pilota lasciano ben sperare. Se fossero confermati anche in campo, si potrebbe immaginare la bonifica di suoli contaminati con tre o quattro cicli di coltivazione. In altre parole, in tre o quattro anni, ma anche meno, i suoli contaminati potrebbero riacquisire una destinazione per usi civili. Poiché non vogliamo disattendere le legittime aspettative dei lettori, soprattutto di quelli particolarmente sensibili alle tematiche ambientali, ci teniamo a precisare che il passaggio alla sperimentazione in campo richiederà un impegno di natura agronomica non trascurabile. Bisognerà capire intanto quale sia il cultivar che meglio si presta per questo tipo di finalità e poi come ottimizzare le condizioni di fitodepurazione in base alle caratteristiche chimico-fisiche dei terreni, riguardo alla loro alcalinità, dalle quali, come detto, dipende il grado di assorbimento dei metalli. Solo dopo aver ottimizzato le condizioni in campo grazie ai colleghi agronomi potremo alimentare delle aspettative. Oggi siamo ottimisti, ma vogliamo restare anche con i piedi per terra.

 

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